lunedì 13 ottobre 2014

Le associazioni, si tirano fuori dalle contrapposizioni e dalle dialettiche partitiche intorno al rinnovo dei Comites.*

Dal 9 ottobre, e fino a domenica 19 prossimo sarà possibile presentare nei consolati le liste dei candidati alle prossime elezioni dei Comites.
Intorno a questo appuntamento i pareri, anche diversamente motivati, si sono sprecati.

Va tuttavia dato atto che un sottile quanto tenace, incessante rivolo di soddisfazione seguita a sgorgare da limitati quanto confinati ambiti della rappresentanza parlamentare dell’estero divenendo comunicazione istantanea che purtroppo nè lenisce patimenti vecchi e nuovi né chiarisce luci ed ombre di decisioni delle quali si persegue l’esaltazione della fulmineità  e del  frettoloso percorso che invece a molti altri appare inficiato da autoreferenzialità e da eccesso di decisionismo.

Lo conferma la tempistica individuata per le iscrizioni alle liste e per lo svolgimento delle elezioni che  volutamente non tiene conto delle preoccupazioni e delle raccomandazioni formulate in parlamento, da molti comites e dal mondo dell’associazionismo.

Quello che si vede è che c’è una prima contrapposizione schematicamente identificabile fra persone che nel Cgie si caratterizzavano per una visione di centrodestra rispetto ad  altre con una visione di centrosinistra.
Non è questo il terreno sul quale le associazioni intendono misurarsi rispetto all'azione dell’attuale  governo verso gli italiani all'estero.
Vi è poi una ulteriore dialettica fra protagonisti pd, all'estero e non, che si confrontano sul bordo dell’apparente faglia lungo la quale sembrerebbero ora posizionati, contrapposti, vecchi e nuovi sostenitori del presidente del Consiglio e suoi  attuali oppositori interni.

Neanche questo è il terreno sul quale le associazioni debbano misurarsi per rappresentare e raggiungere gli obiettivi perseguiti ed attesi dalla nuova e della  “storica” emigrazione.

Il documento della CGIL e quello della FIEI- Filef e Istituto Fernando Santi sulla elezione dei comites si segnalano per avere distintamente indicato come terreno vocato quello dell’autorganizzazione delle nostre  comunità all'estero e per essere a favore di liste non partitiche ma espressione delle diverse forme di associazionismo sociale e delle nuove aggregazioni sociali.

Rispetto alle citate dialettiche politiche suscitate intorno al rinnovo dei Comites, le associazioni, a ragione, a loro volta, considerandosi in quanto tali estranee, da tempo si sono tirate fuori.

Partecipare iscrivendosi a registri consolari, fare liste espressione del sociale, autonome e diretta espressione dei territori, includere veramente e non solo simbolicamente la giovane nuova nostra emigrazione. Questo è quanto  indicano le associazioni.

Il recentissimo rapporto migrantes 2014 bene ha colto la novità positiva  della indizione degli Stati Generali dell’associazionismo degli italiani all'estero evidenziandone gli obiettivi ed il percorso in atto.

Stanno crescendo le adesioni agli “Stati generali dell’associazionismo degli italiani all’estero” ed al suo documento base da diversi mesi fatto pervenire alle associazioni. Un obiettivo impegnativo che è maturato in confronti durati a lungo nella CNE ed in confronto con le associazioni regionali e locali. Lo svolgimento degli stessi darà visibile testimonianza dell’autonoma capacità delle associazioni a rinnovarsi.
Gli esiti, ritengo, influenzeranno positivamente l’intera realtà degli italiani nel mondo nella quale l’associazionismo è una parte.
Il tempo dell’omaggio formalistico alle associazioni senza alcun seguito in termini di riconoscimento del loro ruolo di rappresentanza sociale è esaurito.
Parimenti va considerato esaurito il tentativo di far passare per vero il verosimile e di dare ad intendere che lo stato di necessità (la fissazione di data  e percorso delle  votazioni in articulo mortis dei Comites) sia  una sorta di  concretissima cornucopia di risultati che si afferma doversi ascrivere alla sensibilità e alla attenzione fuori misura, inedita quanto pronta, dell’attuale  presidente del Consiglio.  Difficile sapere quanto questa vulgata sia penetrata fra i cittadini italiani all’estero.

Con sobrietà e comprensibile cautela il responsabile PD per gli italiani all'estero,Eugenio Marino, si limita invece a dichiarare che si è in  presenza di “elezioni che sono state rinviate per tre volte e per le quali il Partito democratico ha ripristinato la normalità democratica mantenendo l’impegno assunto in campagna elettorale con i nostri concittadini”

Da altri politici  “addetti ai lavori” si sentono molte e diverse cose.
Il presidente del Comitato senatoriale per le questioni degli italiani nel mondo, Claudio Micheloni, ha recentissimamente affermato che la tempistica decisa dal governo “determinerà il fallimento di queste elezioni” suffragando l’affermazione con la sottolineatura del fatto che al consolato di Charleroi, su 134.000 residenti si siano iscritti per le prossime elezioni solamente 51 cittadini residenti all'estero, ed a Zurigo su 200.000 residenti se ne siano iscritti appena 251”.

Rinvio invece  alle dichiarazioni singole e collettive di deputati  all’estero  con le quali per lo più si bypassano le argomentazioni critiche ed i suggerimenti mentre si propongono linimenti che non leniscono le visibili irritazioni e non dissipano lo sconcerto diffuso.

L’on Di Biagio, dal suo canto, ieri, citando un incontro istituzionale con il sottosegretario Giro dichiara di aver abbandonato la riunione in dissenso sull'andamento della stessa affermando anche,  che “in questa riunione partecipata da esponenti di partiti politici, che non si comprende bene perché fossero presenti, sono arrivate idee che non sono condivisibili. “In particolare - aggiunge Di Biagio-  ho assistito al tentativo di ridurre l'elezione dei Comites in una logica di confronto tra due poli, con una logica spartitoria di chi ha interesse solo ad occupare posti che però, senza una effettiva partecipazione democratica, non avranno alcun peso”. 

Come si vede si tratta di affermazioni di una certa gravità  delle quali si capirà meglio se lo stesso vorrà dare dettagli su quanto affermato.

Di fronte allo stato di necessità di un rinnovo a tempi brevissimi e con poco tempo per una adeguata preparazione, molti sono stati quelli che  non condividendo la gestione partitica del rinnovo dei Comites  si sono , in ogni caso, impegnati e sono  tuttora impegnati perché comunque vi sia una buona partecipazione al voto  ed un profondo rinnovamento degli stessi.

Da anni (in specie dopo la costituzione della circoscrizione Estero) è stata avanzata dalle associazioni la critica, mai accettata, al ruolo totalizzante dei partiti. Si è chiesto di rendere distinta la rappresentanza sociale propria delle associazioni rispetto a quella politica che i partiti esercitano (o forse esercitavano) in parlamento.

Quello che sta accadendo è che dopo oltre cinque anni di abbandono dei Comites a se stessi, in un mondo totalmente cambiato con circa 200 mila nuovi emigranti italiani trasferitisi mediamente ogni anno, soprattutto in Europa, nel vuoto di una riforma di Comites e Cgie ritenuta necessaria al punto di essere arrivata in un testo molto discutibile, alla discussione in aula nella precedente legislatura , oggi un governo che ha consolidato un modo di legiferare  per leggi delega e per decreti ed a colpi di voti di fiducia, per gli italiani all’estero non ha prodotto nulla di significativo.

Ha osservato a suo tempo  Dino  Nardi ”Dopo dieci anni, finalmente, si rinnoveranno i Comites, eletti l’ultima volta nel lontano 2004 e con cinque anni di ritardo rispetto alla loro scadenza naturale del 2009, con una platea di possibili elettori radicalmente cambiata, poiché, dopo due lustri, molti emigrati di prima generazione sono nel frattempo rimpatriati o…. venuti a mancare quantomeno per ragioni anagrafiche, con i loro figli e nipoti poco interessati al mondo dell’emigrazione e con la nuova emigrazione (quella 2.0) che vive in un suo mondo parallelo a quello tradizionale degli emigrati italiani, tanto da non definirsi neppure tali, bensì "expat”

In questo quadro deputati esponenti della  maggioranza parlamentare non hanno trovato di meglio che  prendere il taxi di una diverso provvedimento di legge per proporre ed approvare all’unanimità in commissione esteri della Camera con emendamenti surrettizi allo stesso, la possibilità di fare liste di partito esentate, rispetto a quelle espressione delle associazioni, dall’obbligo, poi fatto togliere dalla opposizione, di raccogliere le firme per la presentazione delle stesse.

Tutto questo rappresenta un indicatore eloquente sia della volontà di seguitare a fare - dopo -, del Cgie, sia pure a composizione ridotta, il terreno, a lungo sperimentato, di una inappropriata dialettica partitica e dall’altra di occupare maggiormente lo spazio dei Comites a svantaggio della rappresentanza sociale e della presenza associativa, diversa ed articolata, nei territori di pertinenza dei nostri consolati.

Si tratta di una visione vecchia del ruolo della politica che strategicamente  assume come un clinamen,  rispetto alle proprie traiettorie, l’autonomia del sociale e, proprio per questo, tatticamente persegue la subordinata di un ruolo “collaterale” delle associazioni invitate a fare massa critica con il partito nella presentazione delle liste. Nulla di nuovo sotto il sole ed infatti puntuale arriva il 25 settembre l’indicazione dell’assemblea Pd di Bruxelles “il sostegno alla creazione di una forte rete ed alleanza tra il mondo associativo e sindacale legato al mondo del centrosinistra deve essere una priorità politica, nell’obiettivo di dare qualità alla rappresentanza e di imprimere un forte rilancio programmatico e civico all’attività dei COMITES”.

Alleanza e legami dei quali quand’anche, sbagliando, qualcuno volesse farsi carico, si dovrebbe presupporre, come precondizione, una capacità di autocritica, di ascolto ed una volontà di mediare fra ipotesi diverse,  oggi inesistenti,  non dico verso l’associazionismo quanto, addirittura, fra partiti e dentro i singoli partiti.
Il che non è, stando a quanto si registra dalle notizie che giungono da diversi paesi, ed è, altresì, in contrasto con quanto proprio oggi Eugenio Marino afferma, dicendosi esplicitamente “contro la partitizzazione dei Comites”. Per questo evidenti sono le conseguenze che facili profeti, mettendo le mani in avanti,  si stanno incaricando di annunziare.

*Rino Giuliani  vicesegretario  Fiei – Filef e Istituto Fernando Santi



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